Lasciamo stare se uno ci crede o no, se uno ci entra perché vuol prendere una messa o per ripararsi dalla pioggia. Ma provate a entrare in una chiesa, una di quelle belle chiese romaniche buie, tutte umide di pietra; o di quelle barocche, accecanti nel loro splendore d'oro e stucchi; o una di quelle pievi di campagna con la facciata grezza.
Mettetevi a sedere e pensate cosa è stata la vita nel medioevo o giù di lì, quando molte di queste chiese sono state costruite. Ritmi di vita lenti, sempre regolati dalle stagioni; a letto quando fa buio, freddo d'inverno intorno a un focolare e fresco d'estate a dormire in un fienile; un unico pasto giornaliero, consumato intorno a una tavolaccia di legno massiccio; niente rumori, niente fretta, niente pensieri in testa. Un vestito buono per la domenica, uno poco buono per tutti i giorni. Il rintocco delle campane, la musica sacra coi cori polifonici, solo in chiesa; le edicole lungo il ciglio delle strade, con le icone sempre adorne di fiori e candele.
La vita monastica consumata tra riflessione, lavoro manuale, silenzi e preghiera.
Io entrando in chiesa penso anche a tutto questo, e provo un sentimento di pace, come di chi si chiude alle spalle una porta che lo protegga da un rumore assordante.
" le cose tristi, la musica girovaga, i canti d'amore cantati dai vecchi nelle osterie, le preghiere delle suore, i mendicanti pittorescamente stracciati e malati, i convalescenti, gli autunni melanconici pieni di addii, le primavere nei collegi quasi timorose, le campagne magnetiche, le chiese dove piangono indifferentemente i ceri, le rose che si sfogliano su gli altarini nei canti delle vie deserte in cui cresce l'erba... "
(Corrado Govoni, poeta crepuscolare, 1904)
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