martedì 20 settembre 2011

Taxi Driver

Lo so che arrivo ultima, ma finalmente anche io ho visto Taxi Driver.
E smettiamola di guardare i film doppiati: l'ho visto in lingua originale ed è - come sempre - tutta un'altra storia.

La colonna sonora è veramente notevole. No, via, notevole è dire poco... E' parte integrante della narrazione. Contribuisce decisamente a farmi entrare in questo clima di solitudine, incertezza davanti all'estraneo, lassismo morale, artificiosità dell'esistenza che permea un po' tutti i film fatti bene e seri (non Sex and the City, per intendersi) che descrivono la vita a New York.

Quando guardo codesti film, appunto, mi viene da pensare che l'uomo sia un prodotto artificiale, fatto per vivere in un ambiente da lui stesso creato artificialmente, mi fa pensare tanto ai droidi di Blade Runner. Esiste la verdura a New York? Verdura fresca, intendo. E la frutta? Colte dove? A quante centinaia o migliaia di km di distanza? Portate fino alla grande metropoli con l'aereo, col treno...? Quindi che senso ha vivere come se il mondo naturale non esistesse, in un sotto-mondo a misura di uomo "moderno", se poi se ne continua ad avere bisogno... se poi bisogna far venire il mondo naturale da lontano, con artifici e complicazioni...

E se si scava sotto a New York, sotto l'asfalto e le gallerie, si trova la terra? E su questa terra si potrebbe piantare un seme? Ma da questo seme nascerebbe qualcosa o questa terra è ormai sterile?

Eppure, in codesto ambiente artificioso e sterile, alienante, de-emozionante, gli uomini continuano a provare sentimenti e a vivere da uomini. Ovviamente non tutti ci riescono, e chi ci riesce sembra avere "qualcosa in più".

Alla fine il tassista uccide il protettore della giovane prostituta e tutti quelli che facevano parte del losco giro di sfruttamento. Mi aspettavo di vederlo finire in galera, invece diventa un eroe nazionale.
Ancora una volta, non riesco a capirli, loro lì.

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