venerdì 15 marzo 2013

Vivo e intero in ogni cosa fuori

L'ospizio sorge in campagna, in un luogo amenissimo. Io esco ogni mattina, all'alba, perché ora voglio serbare lo spirito così, fresco d'alba, con tutte le cose come appena si scoprono, che sanno ancora del crudo della notte, prima che il sole ne secchi il respiro umido e le abbagli. Quelle nubi d'acqua là pese plumbee ammassate sui monti lividi, che fanno parere più larga e chiara, nella grana d'ombra ancora notturna, quella verde plaga di cielo. E qua questi fili d'erba, teneri d'acqua anch'essi. freschezza viva delle prode. E quell'asinello rimasto al sereno tutta la notte, che ora guarda con occhi appannati e sbruffa in questo silenzio che gli è tanto vicino e a mano a mano pare gli si allontani cominciando, ma senza stupore, a schiarirglisi attorno, con la luce che dilaga appena sulle campagne deserte e attonite. E queste carraje qua, tra le siepi nere e muricce screpolate, che su lo strazio dei loro solchi ancora stanno e non vanno. E' l'aria nuova. E tutto, attimo per attimo, è com'è, che s'avviva per apparire. Volto subito gli occhi per non vedere più nulla fermarsi nella sua apparenza e morire. Così soltanto io posso vivere, ormai. Rinascere attimo per attimo. Impedire che il pensiero si metta in me di nuovo a lavorare, e dentro mi rifaccia vuoto delle vane costruzioni.
La città è lontana. Me ne giunge, a volte, nella calma del vespro, il suono delle campane. Ma ora quelle campane le odo non più dentro di me, ma fuori, per sé sonare, che forse ne fremono di gioja nella loro cavità ronzante, in un bel cielo azzurro pieno di sole caldo tra lo stridìo delle rondini o nel vento nuvoloso, pesanti e così alte sui campanili aerei. Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane. Io non l'ho più questo bisogno, perché muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.

"Uno, nessuno e centomila", Luigi Pirandello, l'ultima pagina

Nessun commento: