I nostri genitori hanno avuto tutto, e lo hanno avuto come una cosa scontata, dovuta, come se non esistesse un'alternativa, come se il concetto di giustizia fosse ancora di là da venire: hanno avuto il posto fisso, con la malattia, la tredicesima, le ferie pagate; la pensione a 55 anni, una lauta pensione, per l'esattezza; hanno avuto anche un lauto TFR; hanno avuto asili nido, il lavoro a 5 km da casa, che ha permesso loro di tornare a casa a pranzo TUTTI I GIORNI.
Noi non abbiamo e non avremo quasi niente di tutto questo. Il posto fisso NON ESISTE più, quindi ci possiamo sognare la malattia, la tredicesima, le ferie pagate; la pensione NON L'AVREMO MAI, figuriamoci il TFR; gli asili e tutti i servizi di welfare diventano ogni giorno sempre più una chimera, e se mai riusciremo a trovare un lavoro, sarà possibilmente a 500 km da casa.
Cosa fanno i nostri genitori nel frattempo, nell'osservare tutto questo, la situazione nostra attuale?
Prima di tutto non fanno mai il confronto con quello che è toccato a loro. Se così facessero, tarerebbero subito il discorso dicendo: "eh, che ingiustizia, noi abbiamo avuto tanto, e i nostri figli dovranno stare peggio di noi, bisognerebbe poter fare qualcosa per loro". Invece quello che è toccato a loro è una cosa "scontata", un "diritto acquisito", a loro è andata bene e ci mancherebbe il contrario, vietato discutere del fatto che, forse proprio perché è andata tanto bene a loro, a noi sta andando tanto male (caso classico: le pensioni. Chi ormai ha maturato una pensione lauta deve continuare a percepirla, anche se si è già da tempo capito che ciò farà sì che non ci saranno soldi per le pensioni di noialtri. Ma ormai è un diritto acquisito, guai a toccarglielo).
Quindi, siccome non si ricordano che a loro è filato tutto liscio senza quasi fatica, hanno il coraggio di venire da noi e dirci, con l'aria di chi insegna tanto (e deve anche tanto essere ringraziato): "eh ragazzi il mondo oggi è fatto così, c'è poco da arrabbiarsi e discutere, chinate la testa e piegate la schiena, prendetelo nel didietro, e ringraziate chi vi ce lo mette; prendete il lavoro precario che vi offrono, e non vi lamentate [tanto noi il nostro bel posto fisso ce l'abbiamo avuto]; andate a lavorare a 500 km da casa, che volete che sia [tanto lo dovete fare voi, mica noi, che siamo tornati a casa a pranzo per 35 anni]; e ringraziate il cielo che abbiamo presa tanta pensione e tanto TFR coi quali vi campiamo tuttora".
Perché noi giovani, certamente, non preferiremmo piuttosto avere un buon lavoro che ci permettesse di camparci da soli e con dignità, senza dover chiedere ai genitori di tenerci in casa fino a 40 anni e oltre; non vorremmo dicerto, noi giovani "bamboccioni", poter prendere un mutuo in tranquillità come hanno fatto loro, invece di sperare che la nonna vada presto al creatore per lasciarci la sua casetta.
E a chi di noi decide di provare a realizzare se stesso con qualcosa di più rischioso come un'attività in proprio, diciamo piccolo-imprenditoriale (anche la libera professione), i nostri vecchi corrono a spiegare: "ma sai, ormai non è più il tempo di quelle cose, un tempo si poteva aprire uno studio professionale o un'attività con ottimismo, oggi è difficilissimo, ti conviene rinunciare, butta via 5 anni di studi universitari e cercati un bel posticino in banca o come cassiera di supermercato [mentre noi abbiamo inseguito i nostri sogni con pazienza di lunghi anni e li abbiamo realizzati]"
Volete sentirvi importanti dichiarando che ci pensate voi a campare i vostri figli con le vostre laute pensioni, che i vostri figli senza di voi non saprebbero dove sbattere il capo?
Bene, vi facciamo questo favore, continuate a mantenerci e a sentirvi importanti. Perché noi, almeno per adesso, continuiamo a pensare di meritare le stesse opportunità che avete avuto voi, e continuiamo a voler provare a realizzarci secondo il nostro progetto di vita.
Andateci voi alla cassa del supermercato o della banca, se vi piace tanto.
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