venerdì 14 agosto 2009

Diapositive (imbarazzanti) dalle vacanze

Tre cose meritano di essere annoverate tra gli episodi curiosi / inspiegabili delle ferie appena trascorse.
1) La mattina della partenza da Dubrovnik la mamma della affittacamere, una signora sugli 80 anni, scende a salutarci (noi non l'avevamo mai vista prima). Questa inizia a parlare con Ale il quale, grazie a mugugni e sorrisi e segni per aria, riesce a portare avanti la conversazione pur non conoscendo la lingua croata. Dopo però la anziana signora si rivolge a me e io, a seguito alcuni istanti di imbarazzato silenzio, proferisco le seguenti:
sorry, we don't speak... czech (?!).
Al che la vecchia, dopo un'attimo di perplessità, ricomincia a parlarmi, tutta sorridente.

2) Guarda, Ale! Una barca che si chiama "pizza"! (parcheggiata accanto a una pizzeria)



3) In previsione della passeggiata in montagna del giorno dopo, essendo io sprovvista di pantaloni lunghi comodi, mi faccio prestare un paio di fuseaux da Maria, di quelli che secondo loro sono "un po' a vita alta e infatti a me non mi entrano più".


Chiudiamo questa simpatica carrellata in bellezza, con il fatto più triste di codesta vacanza.

Una sera che eravamo a passeggio per il centro del paese di Bol, sull'isola di Brac, abbiamo osservato con curiosità il "trenino" che portava a giro i turisti per il centro del paese, appunto. Attirati dalla targhetta "Dotto - Castelfranco Veneto - Italy" abbiamo deciso, al costo di una cifra comunque modesta, di farci un giro sopra. Prima però volevamo assicurarci che ci avrebbe portato vicino a casa, o perlomeno non dall'altra parte del paese. Chiedo all'autista:
Ade: do you speak english?
Autista: fa dei gesti per dire non proprio.
Ade: David Cesta? [il nome della via dove era casa nostra]
Autista: fa dei gesti che non vogliono dire né sì né no, poi pronuncia una unica parola dal significato oscuro, infine fa segno di salire a bordo e di pagarlo.

Saliamo, e il trenino arriva diretto al Blusun Hotel, dall'altra parte del paese, a circa 2,5 km da casa nostra. Tutti scendono, l'autista pure, e ci saluta con:
Autista: stop!
Dopodiché ci indica la strada per tornare al paese. Noi con un palmo di naso ci avviamo, io anche con le lacrime agli occhi, perché solo per quella sera mi ero decisa a indossare sandali con tacco 12. Dove 12 sta per 12 centimetri.
Ripensandoci dopo, quell'unica parola misteriosa suonava tipo blusu.





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