Quasi mi dimenticavo che ieri è stata una giornata da ricordare! Allora butto giù due righe per fermare alcune impressioni, poi se vi interessano bene, altrimenti serviranno come memoria futura a mio beneficio.
Sono stata a trovare un amico nel suo nuovo ufficio, un po' perché dovevo chiedergli una consulenza, un po' perché doveva chiederne lui una a me, un po' perché volevo vedere il nuovo ufficio, un po' perché volevo vedere il vecchio amico.
Arrivo alle 11 con l'intenzione di trattenermi una mezz'ora, e me ne riparto alle 16:30, perdipiù a malincuore e senza essere stata sollecitata a farlo, ma solo spinta dalla decenza e dalla educazione.
E ritornando a casa ho ripensato a quanto una volta dicevamo insieme a una amica che vedo raramente, e che forse ho già detto da qualche parte nel vecchio blogghino, ma che ora ho voglia di ripetere qui: ovvero che certe persone le portiamo nel cuore sempre, per sempre, indipendentemente dalla frequenza con cui le vediamo. Passano mesi oppure anni e poi ci si rincontra, e il piacere di stare insieme è sempre lo stesso, anzi amplificato dalla astinenza.
[Massì che l'avevo già scritta, questa cosa. E adesso non ho nemmeno voglia di linkare il vecchio post. Per adesso tenetevi il repetita iuvant, seguirà linkino]
venerdì 28 agosto 2009
RIcetta biscotti al cocco
Fate ammorbidire a temperatura ambiente 150 grammi di burro, mescolatevi 1 uovo e 1 tuorlo, 100 grammi di zucchero, amalgamate bene. Aggiungete 150 grammi di cocco grattugiato, mezza bustina di lievito per dolci, infine 300 grammi di farina.
Formate un impasto compatto (se necessario tenetelo una mezz’ora in frigo affinché il burro riprenda consistenza), dopodiché stendetelo col mattarello sulla spianatoia infarinata e ritagliate i biscotti con un bicchiere o una formina. Oppure prelevate piccole porzioni di impasto e con le mani formate delle palline che schiaccerete con i palmi dando loro la forma di dischetti dello spessore di mezzo cm.
Disponete i biscotti su una teglia da forno foderata di carta da forno, distanziati di 5 cm perché con la cottura lieviteranno e si allargheranno. Cuocete a 180° per 13 minuti.
Fate raffreddare i biscotti senza mai toccarli: finché non saranno freddi non saranno croccanti e anzi si sbriciolerebbero al minimo tocco.
Formate un impasto compatto (se necessario tenetelo una mezz’ora in frigo affinché il burro riprenda consistenza), dopodiché stendetelo col mattarello sulla spianatoia infarinata e ritagliate i biscotti con un bicchiere o una formina. Oppure prelevate piccole porzioni di impasto e con le mani formate delle palline che schiaccerete con i palmi dando loro la forma di dischetti dello spessore di mezzo cm.
Disponete i biscotti su una teglia da forno foderata di carta da forno, distanziati di 5 cm perché con la cottura lieviteranno e si allargheranno. Cuocete a 180° per 13 minuti.
Fate raffreddare i biscotti senza mai toccarli: finché non saranno freddi non saranno croccanti e anzi si sbriciolerebbero al minimo tocco.
sabato 22 agosto 2009
Rufus chi?!
Ma dove l'ho già sentita? Colonna sonora di quale film? Non trovo una risposta soddisfacente (la versione americana de L'ultimo bacio di Muccino non l'ho vista quindi non può essere quella, via la prima opzione).
Aiuto! Ci diventerò matta :°D
Aiuto! Ci diventerò matta :°D
Ricetta peperoni in agrodolce
Note: da quando ho abbandonato la peperonata per questa nuova versione di peperoni, a casa mia sono diventati un piatto che va a ruba. Aiuto! Lasciatemene un po' anche a me!
Da notare poi che con lo zucchero diventano digeribilissimi. Sembra incredibile ma è tutto vero!
per 3 persone.
Lavate e tagliate a metà 3 peperoni gialli o rossi o verdi, togliete il picciolo e i semi, poi suddivideteli in strisce e poi in pezzetti.
Mettete i peperoni in un tegame alto con un po’ d’olio d’oliva, sale, un cucchiaino raso di zucchero e 3 cucchiai colmi di aceto. Mescolate bene e cuocete a fuoco medio e pentola coperta per circa 30 minuti, rigirando spesso e facendo attenzione che non attacchi sul fondo. Provate ad assaggiarne uno per essere sicuri che siano veramente cotti. Serviteli caldi o meglio tiepidi.
Da notare poi che con lo zucchero diventano digeribilissimi. Sembra incredibile ma è tutto vero!
per 3 persone.
Lavate e tagliate a metà 3 peperoni gialli o rossi o verdi, togliete il picciolo e i semi, poi suddivideteli in strisce e poi in pezzetti.
Mettete i peperoni in un tegame alto con un po’ d’olio d’oliva, sale, un cucchiaino raso di zucchero e 3 cucchiai colmi di aceto. Mescolate bene e cuocete a fuoco medio e pentola coperta per circa 30 minuti, rigirando spesso e facendo attenzione che non attacchi sul fondo. Provate ad assaggiarne uno per essere sicuri che siano veramente cotti. Serviteli caldi o meglio tiepidi.
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lunedì 17 agosto 2009
Ci avevo già pensato anche io!!!
Beppe Grillo è un genio e scusate se non siete d'accordo con me ma c'ho ragione io.
Premessa. Al mio fidanzato è nato un nipotino a novembre - e quindi tecnicamente io sono pure zia - e da quando è nato le seguenti cose ho rilevato con orrore:
#1 - la di loro casa (del bambino, insomma) si sta riempiendo costantemente di giocattoli che diventeranno inutili, poiché non più interessanti anche se ancora buoni, nel giro di pochissimi mesi. Si sa che i bambini a 6 poi 8 poi 10 poi 14 mesi hanno bisogno di stimoli sempre nuovi, diversi dai precedenti.
#2 - i genitori del pargolo non sono ancora riusciti a comprare personalmente un vestito al suddetto, da tanti che ne sono arrivati e ne arrivano ancora in regalo.
#3 - per non parlare di: lettino, culla, passeggino, girello, seggiolone. Tutta roba indispensabile per pochi mesi, costosa, e poi ingombrante da archiviare.
Si potrebbe continuare ma mi fermo qui perché troppo è l'entusiasmo di presentarvi Mamme 2.0, l'iniziativa che permette a mamme di tutta italia di formare una comunità virtuale in cui scambiarsi la roba usata non più utile, in cui darsi consigli, in cui fare amicizia. Ma che bellezza! Il mio spirito ecologista riciclatore riutilizzatore si sta galvanizzando a livelli mai pensati prima!
Se avete neomammine in giro, fate girare la notizia. Io lascio qui il bannerino, eh. Yucu'!
Premessa. Al mio fidanzato è nato un nipotino a novembre - e quindi tecnicamente io sono pure zia - e da quando è nato le seguenti cose ho rilevato con orrore:
#1 - la di loro casa (del bambino, insomma) si sta riempiendo costantemente di giocattoli che diventeranno inutili, poiché non più interessanti anche se ancora buoni, nel giro di pochissimi mesi. Si sa che i bambini a 6 poi 8 poi 10 poi 14 mesi hanno bisogno di stimoli sempre nuovi, diversi dai precedenti.
#2 - i genitori del pargolo non sono ancora riusciti a comprare personalmente un vestito al suddetto, da tanti che ne sono arrivati e ne arrivano ancora in regalo.
#3 - per non parlare di: lettino, culla, passeggino, girello, seggiolone. Tutta roba indispensabile per pochi mesi, costosa, e poi ingombrante da archiviare.
Si potrebbe continuare ma mi fermo qui perché troppo è l'entusiasmo di presentarvi Mamme 2.0, l'iniziativa che permette a mamme di tutta italia di formare una comunità virtuale in cui scambiarsi la roba usata non più utile, in cui darsi consigli, in cui fare amicizia. Ma che bellezza! Il mio spirito ecologista riciclatore riutilizzatore si sta galvanizzando a livelli mai pensati prima!
Se avete neomammine in giro, fate girare la notizia. Io lascio qui il bannerino, eh. Yucu'!
venerdì 14 agosto 2009
Ricetta filetti di merluzzo alla mediterranea
Note: il pesce più facile da cucinare e anche il più economico.
Per due persone. Scaldate un po’ d’olio d’oliva in una padella, soffriggetevi due spicchi d’aglio sbucciati.
Passate nel pangrattato 220 grammi di filetti di merluzzo, fateli dorare su entrambi i lati nella padella a fuoco medio, salate. Dopodiché aggiungete mezzo bicchiere di passata di pomodoro diluita con due cucchiai di acqua, una cucchiaiata di capperi sottaceto sciacquati e strizzati, una manciata di olive nere denocciolate tagliate in due, e fate cuocere a fuoco medio rigirando un paio di volte, in modo che il sugo si addensi e il pesce ne rimanga ricoperto.
Al momento di servire raccogliete i capperi e le olive nella padella e disponeteli sopra ai filetti, infine spolverizzate con origano.
Per due persone. Scaldate un po’ d’olio d’oliva in una padella, soffriggetevi due spicchi d’aglio sbucciati.
Passate nel pangrattato 220 grammi di filetti di merluzzo, fateli dorare su entrambi i lati nella padella a fuoco medio, salate. Dopodiché aggiungete mezzo bicchiere di passata di pomodoro diluita con due cucchiai di acqua, una cucchiaiata di capperi sottaceto sciacquati e strizzati, una manciata di olive nere denocciolate tagliate in due, e fate cuocere a fuoco medio rigirando un paio di volte, in modo che il sugo si addensi e il pesce ne rimanga ricoperto.
Al momento di servire raccogliete i capperi e le olive nella padella e disponeteli sopra ai filetti, infine spolverizzate con origano.
Diapositive (imbarazzanti) dalle vacanze
Tre cose meritano di essere annoverate tra gli episodi curiosi / inspiegabili delle ferie appena trascorse.
1) La mattina della partenza da Dubrovnik la mamma della affittacamere, una signora sugli 80 anni, scende a salutarci (noi non l'avevamo mai vista prima). Questa inizia a parlare con Ale il quale, grazie a mugugni e sorrisi e segni per aria, riesce a portare avanti la conversazione pur non conoscendo la lingua croata. Dopo però la anziana signora si rivolge a me e io, a seguito alcuni istanti di imbarazzato silenzio, proferisco le seguenti:
sorry, we don't speak... czech (?!).
Al che la vecchia, dopo un'attimo di perplessità, ricomincia a parlarmi, tutta sorridente.
2) Guarda, Ale! Una barca che si chiama "pizza"! (parcheggiata accanto a una pizzeria)
3) In previsione della passeggiata in montagna del giorno dopo, essendo io sprovvista di pantaloni lunghi comodi, mi faccio prestare un paio di fuseaux da Maria, di quelli che secondo loro sono "un po' a vita alta e infatti a me non mi entrano più".
Chiudiamo questa simpatica carrellata in bellezza, con il fatto più triste di codesta vacanza.
Una sera che eravamo a passeggio per il centro del paese di Bol, sull'isola di Brac, abbiamo osservato con curiosità il "trenino" che portava a giro i turisti per il centro del paese, appunto. Attirati dalla targhetta "Dotto - Castelfranco Veneto - Italy" abbiamo deciso, al costo di una cifra comunque modesta, di farci un giro sopra. Prima però volevamo assicurarci che ci avrebbe portato vicino a casa, o perlomeno non dall'altra parte del paese. Chiedo all'autista:
Ade: do you speak english?
Autista: fa dei gesti per dire non proprio.
Ade: David Cesta? [il nome della via dove era casa nostra]
Autista: fa dei gesti che non vogliono dire né sì né no, poi pronuncia una unica parola dal significato oscuro, infine fa segno di salire a bordo e di pagarlo.
Saliamo, e il trenino arriva diretto al Blusun Hotel, dall'altra parte del paese, a circa 2,5 km da casa nostra. Tutti scendono, l'autista pure, e ci saluta con:
Autista: stop!
Dopodiché ci indica la strada per tornare al paese. Noi con un palmo di naso ci avviamo, io anche con le lacrime agli occhi, perché solo per quella sera mi ero decisa a indossare sandali con tacco 12. Dove 12 sta per 12 centimetri.
Ripensandoci dopo, quell'unica parola misteriosa suonava tipo blusu.
1) La mattina della partenza da Dubrovnik la mamma della affittacamere, una signora sugli 80 anni, scende a salutarci (noi non l'avevamo mai vista prima). Questa inizia a parlare con Ale il quale, grazie a mugugni e sorrisi e segni per aria, riesce a portare avanti la conversazione pur non conoscendo la lingua croata. Dopo però la anziana signora si rivolge a me e io, a seguito alcuni istanti di imbarazzato silenzio, proferisco le seguenti:
sorry, we don't speak... czech (?!).
Al che la vecchia, dopo un'attimo di perplessità, ricomincia a parlarmi, tutta sorridente.
2) Guarda, Ale! Una barca che si chiama "pizza"! (parcheggiata accanto a una pizzeria)
3) In previsione della passeggiata in montagna del giorno dopo, essendo io sprovvista di pantaloni lunghi comodi, mi faccio prestare un paio di fuseaux da Maria, di quelli che secondo loro sono "un po' a vita alta e infatti a me non mi entrano più".
Chiudiamo questa simpatica carrellata in bellezza, con il fatto più triste di codesta vacanza.
Una sera che eravamo a passeggio per il centro del paese di Bol, sull'isola di Brac, abbiamo osservato con curiosità il "trenino" che portava a giro i turisti per il centro del paese, appunto. Attirati dalla targhetta "Dotto - Castelfranco Veneto - Italy" abbiamo deciso, al costo di una cifra comunque modesta, di farci un giro sopra. Prima però volevamo assicurarci che ci avrebbe portato vicino a casa, o perlomeno non dall'altra parte del paese. Chiedo all'autista:
Ade: do you speak english?
Autista: fa dei gesti per dire non proprio.
Ade: David Cesta? [il nome della via dove era casa nostra]
Autista: fa dei gesti che non vogliono dire né sì né no, poi pronuncia una unica parola dal significato oscuro, infine fa segno di salire a bordo e di pagarlo.
Saliamo, e il trenino arriva diretto al Blusun Hotel, dall'altra parte del paese, a circa 2,5 km da casa nostra. Tutti scendono, l'autista pure, e ci saluta con:
Autista: stop!
Dopodiché ci indica la strada per tornare al paese. Noi con un palmo di naso ci avviamo, io anche con le lacrime agli occhi, perché solo per quella sera mi ero decisa a indossare sandali con tacco 12. Dove 12 sta per 12 centimetri.
Ripensandoci dopo, quell'unica parola misteriosa suonava tipo blusu.
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